Emmanuel Macron, come era prevedibile, andrà all’Eliseo. Il ‘Front Republicain’ ha largamente battuto la fascista Le Pen.
Il prossimo ‘Monsieur le Président’ francese si prepara a guidare il Paese dopo un secondo turno dall’esito largamente scontato. Oltralpe il fascismo è ancora considerato un pericolo serio e così gli elettori, messe da parte le differenze di opinione, sono andati alle urne per scongiurare l’arrivo di Marine Le Per nella stanza dei bottoni.
Le Monde stamattina titola senza fraintendimenti “Emmanuel Macron est élu président de la République avec 66,06 % des voix” e aggiunge sotto, in un occhiello piccolo piccolo “la candidate du Front national, Marine Le Pen, recueille 33,94 % des suffrages”.
Insomma, arrotondando è finita 66 a 34, come dire con gergo calcistico 4 a 0 e palla al centro.
Si perchè adesso cominciano i problemi veri per Macron. Su di lui si dice di tutto e di più.
Da banchiere al servizio dei Rothschild a servo di Soros, da agente delle multinazionali della globalizzazione a prototipo del capitalista vorace, il nuovo presidente per la sinistra nostalgica è peggio dell’orco cattivo.
Per la destra è già il nemico pubblico numero uno. Per loro si tratta del rappresentante del “vecchio marcio fronte repubblicano”, di un agente del globalismo selvaggio, di un amico dell’Unione europea, degli stranieri, degli affaristi ebrei (questa ultima accusa detta tra i denti e sempre negata da Le Pen).
Per Jean-Luc Mélenchon, capo di una sinistra ‘dura’ e non più rappresentata (come sempre è stato) dal Partito socialista, nè Macron nè Le Pen meritavano di ricevere il sostegno dei suoi elettori. Mentre i comunisti, suoi alleati ed ormai ridotti al lumicino, hanno aderito al ‘Front Republicain’.
Mélenchon ha cercato, da avventato giocatore poker, di condizionare Macron fino all’ultimo chiedendogli di ‘ritoccare’ il programma per venire incontro alle posizioni de ‘La France insoumise’. Ma il capo di En Marche! ha risposto picche e così alla fine il leader ‘de sinistra’ ha giocato agli indovinelli dicendo: “Andrò a votare e non c’è bisogno di essere un genio per indovinare quello che farò. C’è una sola persona fra voi che dubita del fatto che non voterò per Fn? Tutti lo sanno”.
La stessa chiusura del ‘tinello de sinistra’ italiano. Anche se sostegno e auguri al nuovo presidente sono arrivati da tre fugure simboliche della sinistra radicale: Alexis Tsipras, Yanis Varoufakis e Bernie Sanders
Ma cosa accade oggi?
Macron è un liberal-socialista di alto profilo. E’ un uomo colto e di cultura umanista, allievo di Jaques Attalì, un economista illuminato e grande consigliere di Mitterand. Ministro di Hollande, ha deciso di candidarsi quando il presidente uscente ha fatto capire di non volersi ripresentare.
Anche se Renzi tenta di farlo passare per ‘renziano’ tra i due le differenze sono profonde.
Macron ha una formazione tecnica, non da corridoi partitici. Ha frequentato filosofia all’Università di Parigi-Nanterre e dopo l’Ena, la famosissima scuola per la Pubblica amministrazione francese. Ha una laurea, poi, in ‘Affari pubblici’ presso l’Istituto di studi politici di Parigi, meglio noto come ‘Science Po’. Non è un politico di lungo corso, insomma. E’ stato un funzionario dell’Inspection générale des Finances (IGF) ed ha collaborato con la ‘Commissione Attalì’, nominata da Sarkozy ma indipendente, per “esaminare le condizioni per la liberazione della crescita francese”. Nella Commissione c’erano anche due italiani, Franco Bassanini e Mario Monti. E’ stato iscritto al Partito socialista per diversi anni facendo parte di una corrente ‘modernizzatrice’. Di certo non si tratta di un marxista radicale, ma piuttosto di un progressista molto attento allo sviluppo delle nuove tecnologie, alla difesa dell’ambiente ed ai diritti umani.
Il movimento che ha fondato, ‘En Marche!’, in realtà non esiste ancora. Farà la prima ‘uscita vera’ alle prossime elezioni legislative e non è per nulla chiaro quale risultati otterrà.
Ieri, infatti, si è eletto il Presidente della Repubblica, non il Parlamento. E, per quanto la Francia sia una Repubblica presidenziale, non è possibile governare senza una maggioranza parlamentare. Macron al momento non ha un solo parlamentare eletto nel suo raggruppamento.
Comunque possa andare la consultazione dell’11 e del 18 giugno prossimi tre fatti sono quasi certi.
‘En Marche’ non potrà mai raggiungere la maggioranza assoluta e sia la sinistra di Melanchon che la destra di Le Pen contrasteranno con durezza il nuovo presidente.
Il Partito socialista sarà duramente ridimensionato e difficilmente i suoi eletti saranno in grado di fornire a Macron voti sufficienti per raggiungere l’autosufficienza.
I gollisti, quindi, anche se probabilmente pure loro in flessione, diventeranno determinanti per varare una maggioranza e quindi potranno condizionare ‘da destra’ la politica del nuovo governo. Come farà Macron a resistere?
La Francia ha una tradizione politica molto consolidata e così il ‘personale politico’ periferico e nazionale ha un peso elevato. E’ certo che questi ‘professionisti’, non sempre particolarmente onesti, contrasteranno il ricambio ‘etico’ che Macron ha intenzione di avviare.
E ci sono le tre grandi questioni: lavoro, periferie, terrorismo. Come potrà il nuovo presidente costruire quella coesione sociale indispensabile per varare il suo programma di riforme? Come affronterà il ‘nodo magrebino’?
Intanto è chiaro che Macron vuol restituire ai francesi la ‘regalità all’Eliseo’. Da sempre i cittadini di quel Paese vedono nella presidenza della Repubblica tratti ‘monarchici’. Hanno amato De Gaulle, Mitterand, Chirac, persone dai comportamenti ‘regali’ pur nella patria della Rivoluzione borghese. E negli ultimi anni si sono ritrovati Sarkozy e le sue bizzarrie da ‘parvenu’ o Hollande con le sue scappatelle notturne in motorino dalle amanti.
Ieri Macron per raggiungere il palco dove avrebbe parlato per la prima volta ai francesi da presidente ha attraversato il piazzale del Louvre da solo, in un corridoio di luce circondato dalle tenebre, con passo lento e pensoso, al suono dell’Inno alla gioia di Ludwig Van Beethoven, inno dell’Unione Europea. In quel percorso si è rivista la Grandeur della Francia, di fronte al museo più famoso del mondo, a fianco della piramide magica di Ieoh Ming Pei, pietra miliare dell’architettura modernista. Il mondo dei telespettatori in quel momento ha percepito la grandezza della Francia ed i francesi hanno provato di nuovo l’orgoglio per la propria nazione. Una straordinaria operazione mediatica, pensata da una equipe coltissima e davvero esperta in politica, finalmente scomparsi i soliti comunicatori starnazzanti che girano di questi tempi.
In quell’immagine c’è la Francia che il nuovo presidente immagina. Si tratta di una pagina inedita e nessuno è in grado di sapere come andrà a finire la presidenza di Emmanuel Macron.
Ma quell’andar solo nella notte di ieri potrebbe essere un presagio.