Ieri abbiamo visto come il presidente del Consiglio ed i suoi specialisti in comunicazione siano stati i principali protagonisti della sconfitta del SI. Ma anche la sinistra del NO ha più di un errore da analizzare.
Per comprendere fino a che punto sia profondo il conservatorismo della sinistra italiana, senza esclusione alcuna, bisogna tornare indietro di molti anni. Fino all’inizio degli anni settanta.
Il Pci è stato dal dopoguerra fino al 1975 uno straordinario laboratorio di innovazione nel campo dei media, del cinema, dell’arte, della comunicazione in generale. La maggior parte dei ‘grandi’ nel campo della cultura e dell’innovazione erano comunisti. Non da ‘tinello’ come oggi, ma d’azione.
Il Pci ‘produceva’ cinema, informazione, strategie innovative nel settore dei mass media. L’Unità era, come aveva voluto Togliatti, il ‘Corriere della Sera del popolo’ e vendeva centinaia di migliaia di copie. I quotidiani della pomeriggio, Paese Sera e L’Ora di Palermo, erano eccezionali scuole di giornalismo. Nel cinema i registi e gli sceneggiatori erano legati al movimento democratico ed i film raccontavano la storia del Paese, la vita dei cittadini, le contraddizioni profonde della società italiana. La Dc sebbene possedesse materialmente la Rai (i comunisti erano quasi dei clandestini a Viale Mazzini o nella vecchia sede in via del Babuino) non riusciva, nonostante la ‘enorme potenza di fuoco’ della radio e della tv, ad impedire alla cultura comunista di rompere l’accerchiamento imposto anche dalla guerra fredda.
Insomma, la sinistra comunista percepiva la modernità come nessun altro in Italia. Si pensi che all’inizio degli anni settanta, quando cominciarono a diffondersi i videoregistratori portatili, il Partito comunista italiano si dotò dei primi rivoluzionari kit di ripresa prodotti dalla Sony in Giappone e mise in piedi un ampio gruppo di specialisti della propaganda elettronica distribuiti su tutto il territorio nazionale.
Ma la macchina perfetta della ‘Stampa e Propaganda’ del Pci si dissolse nel giro di pochi anni. Tra le cause l’avvento delle radio private, la riforma della Rai e l’inizio della pratica della lottizzazione, la morte di alcuni protagonisti di quell’irripetibile percorso di ricerca, l’influenza nefasta di personaggi come Walter Veltroni. E poi la spallata prodotta dal berlusconismo fu terrificante. Prima Craxi e poi il suo amico ex Cavaliere riuscirono ad affermare un nuovo modello nel campo dei media, dalla ‘Milano da bere’ alla ‘spaghetti tv’.
Insomma, la sinistra italiana nel campo dei media scomparve in quegli anni e con lei la capacità di raccontare i cambiamenti da parte di chi pensava di voler costruire una società più egualitaria e giusta.
Senza questa premessa, pur breve e per questo molto sommaria, il presente diventa incomprensibile.
Il NO di sinistra, sia quello di chi è in qualche modo legato al Pd sia quello di chi è definito ‘radicale’, non è stato capace di produrre alcuna azione reale di incidenza sul voto.
Nessuna presenza strutturata nei social media, nessun gruppo di lavoro ‘centrale’ messo a studiare strategie di comunicazione efficaci. Nessuna attività di contrasto al dilagare del SI in tv e nelle radio, nessuna mobilitazione efficace e coordinata nazionalmente di volontari ed attivisti.
Ogni città, paesello, contrada si è mosso come poteva, in una confusione di linguaggi e scelte senza precedenti. Neppure si è stati in grado di lanciare una campagna nazionale di autofinanziamento per le iniziative, strumento essenziale non solo perchè il denaro è sempre utile, ma soprattutto per fidelizzare i simpatizzanti intorno ad una concreta ipotesi di lavoro e di vittoria.
L’esaltazione che alcuni hanno fatto, da Genova a Siracusa, dei ‘volantini’ o delle ‘riunioni’ ha del surreale. I cittadini sono sovraccarichi di messaggi che potremmo definire ‘fugaci’ ed ormai sono ‘autoprotetti’ da questo genere di propaganda. Ogni giorno un ‘italiano medio’ trova nella cassetta della posta decine di depliant, subisce l’invadenza dei call center, vede migliaia di messaggi pubblicitari inseriti nei programmi tv. I recettori hanno generato un interruttore automatico che spegne il cervello e dirotta l’attenzione non appena si percepisce l’approssimarsi di un ‘messaggio finalizzato’.
Il ‘porta a porta’ funziona di certo, ma solo quando chi riceve la ‘visita’ conosce il ‘visitatore’, lo individua come una persona ‘affidabile’, lo ‘sente’ complice.
Insomma, chi ha votato NO ed appartiene ad una area genericamente progressista lo ha fatto non perchè indotto dalla propaganda, ma in quanto già convinto di doverlo fare. E chi indeciso ha scelto di schierarsi contro il premier è stato ‘motivato’, per paradosso, dall’invadenza di Renzi stesso, che assalendo la tv, le radio ed i social si è vestito da ‘messaggio fugace’ ed ha messo in funzione le ‘autoprotezioni automatiche’.
In conclusione, insieme ad una riflessione profonda sul senso stesso della sinistra nell’Era Elettrica oggi è necessario un ripensamento serio da parte dei progressisti sulle forme e sugli strumenti del comunicare. Perchè una cosa è vincere in un referendum, altro è sconfiggere una marea crescente di razzismo, identitarismo, xenofobia e disillusione che sono solide basi per una destra reazionaria inedita in Italia, molto diversa persino da quella ‘fascista’ del passato.