Di Maio e Salvini non stanno scrivendo la Storia, ma la puntata più tragica della partitocrazia italiana. Dopo oltre trant’anni di approssimazione la politichetta è arrivata al capolinea.
Sergio Mattarella non sa più che fare, i partiti sono allo sbando e l’armata Brancaleone di leghisti e pentastellati litiga su chi dovrà fare il Presidente del Consiglio. Le balle sul ‘Contratto’ sono chiare. Le casse dello stato sono vuote e soldi da spendere per tagliare le tasse e per dare uno ‘stipendio di stato’ a chi non lavora non ce ne sono.
Salvini spera di nascondere la verità usando come sempre la paura per gli stranieri e Di Maio, sempre più nei guai, pensa di salvare il salvabile sparando raffiche di surreali rassicurazioni.
Tuttavia, la realtà dei fatti è un’altra. Il Capo dello Stato ha rifiutato le proposte di Lega e M5S e soprattutto sa che le due formazioni non riescono a realizzare un programma credibile, a trovare un presidente del Consiglio di statura internazionale e dei ministri capaci. Intanto si prende tempo, ma lo spazio di manovra è esiguo.
All’articolo 95 la Costituzione spiega che “Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri”.
La convinzione di Di Maio e Salvini, secondo la quale il ‘contratto’ viene scritto dagli ‘esperti’, poi votato in rete o nei gazebo, quindi presentato al candidato premier per essere messo in pratica è anticostituzionale. La Carta prevede che sia il Capo del governo a decidere il programma ed i ministri, il Presidente della Repubblica ad affidare l’incarico e le Camere a dare la fiducia.
Niente Casaleggio Associati e piattaforma Rousseau, niente finte votazioni per strada, niente ‘contratto’ e soprattutto trasparenza.
I pentastellati, quelli dello straming, oggi sono diventati i maestri delle trattative segrete. Non si sa chi prenda le decisioni, chi decida la strategia. Non esistono organi collegiali, non c’è una presidenza del movimento, una segreteria politica, una assemblea nazionale. Di Maio e qualche fedelissimo comandano e milioni di elettori neppure sanno cosa succede. Nella Lega c’è un gruppo dirigente più ampio, ma solo a pensare all’esperto economico, Claudio Borghi, c’è da mettersi le mani nei capelli. Inizialmente vicino a Grillo, poi estimatore di Salvini Borghi è un ex funzionario di Deutsche Bank e Merrill Lynch, docente a contratto alla Cattolica di Milano è un teorico dell’uscita dell’Italia dall’Euro. Come può un nemico giurato dell’Europa scrivere il programma di governo?
Ed anche si arrivasse a formare un esecutivo, dove troveranno i 5 Stelle i collaboratori per far funzionare i ministeri? I segretari generali, i consulenti legislativi, i capi di Gabinetto dei ministri?
C’è una alternativa?
Il Pd è ormai in via di dissoluzione, senza un gruppo dirigente e privo di una qualunque idea sul che fare. Il centro destra non trova un successore a Berlusconi che possa rappresentare la parte moderata di quell’area politica. Altro non si vede.
Francesi e tedeschi stanno a guardare, preoccupati che la palude italiana possa travolgere l’Europa e quindi anche loro.
Solo, al Quirinale Mattarella è alle prese con una crisi senza precedenti, con una mancanza totale di classe dirigente e con partiti decotti ma aggrappati al potere.
All’orizzonte non si vede alcuna ‘rivoluzione’ e la sola previsione possibile è che Parigi e Berlino decidano di commissariare Roma.
A questo punto sarebbe il minore dei mali.