Salvini, Di Maio ed il regno degli ominicchi

Il tempo passa, il governo non si fa ed i capi di Lega e 5 Stelle pensano solo al potere. Nessuna idea sul futuro del Paese, ma in compenso il qualunquismo dilaga.

Passano i giorni e i due esponenti del ‘nuovo che avanza’ assomigliano sempre di più a dei giocatori di carte, per altro neppure bravi.

Piccola riflessione

Alle elezioni i cittadini hanno votato per la coalizione composta da Meloni, Berlusconi e Salvini, però Di Maio non vuole parlare con questo raggruppamento, ma solo col leader leghista. Non un cenno ai programmi, quello che interessa le parti è decidere chi comanda. Comunque la si pensi, i pentastellati non rispettano le scelte di quei cittadini (oltre 12 milioni) che hanno voluto sostenere il centrodestra nel suo insieme. Nei collegi maggioritari chi è andato in Parlamento ha ricevuto il consenso di tutti i votanti di quella coalizione e quindi la pretesa del capo pentastellato ha altro scopo: tentare di dividere un avversario più forte per diventare la prima forza politica del Paese. Salvini fuori dalla sua coalizione, infatti, conterebbe solo il 17,79 e non più il 36 per cento. Il M5S ha preso il 31 e i conti li sanno fare tutti. Il veto a Berlusconi è solo uno specchietto per le  allodole.

Salvini, da parte sua, apprezza molto la strategia pentastellata. Gli permette di perdere tempo, di presentarsi all’opinione pubblica come ‘l’uomo disponibile’, di indebolire i suoi alleati.  Il leghista sa bene che gli italiani si stancheranno delle manfrine dei 5 Stelle e soprattutto  della  pretesa di Di Maio di essere lui il  presidente del  Consiglio e nessun altro.

Si tenga presente che Di Maio è arrivato a sostenere di non poter parlare con tre interlocutori (i leader del centro destra) perchè “sono troppi”. Come se l’argomento in questione fosse un tir di noccioline, il ‘Capo politico’ dei pentastellati propone un non meglio identificato ‘contratto di tipo tedesco’ al solo Salvini. A preparare l’ancora ignoto documento ci sarebbe un ‘comitato scientifico’, incaricato di mettere insieme il taglio delle tasse con il reddito di cittadinanza. Un vecchio detto popolare mette in guardia da ‘chi vuole la botte piena e moglie ubriaca’. Davvero il senso del reale sfugge al ‘nuovo che avanza’ e la propensione a sommergere i cittadini di chiacchiere mostra il  peggio ‘del vecchio che resiste’.

Poi ci sono i media. I giornalisti italiani sono specializzati nell’omaggiare il vincitore di  turno. Adesso si raccontano gli eventi stando ben attenti alle ‘sensibilità’ di Lega e M5S e qualche cosetta pare sparita dai commenti.

Sono dimenticati  il razzismo e la xenofobia degli ex padani (adesso diventati ‘partito italiano’) e si preferisce parlare di ‘sovranismo’. Il rapporto privilegiato di Di Maio per la Lega, una formazione di destra estrema – che ritiene ‘modelli’ gente come Le Pen, Farage, Orban, Strache, Putin – non fa parte della ‘narrazione’ del momento politico.

Gli adepti della setta che fu di Grillo e che oggi pare del tutto controllata dalla Casaleggio associati sono schierati col ‘capo’ a prescindere, ma gli elettori del Movimento non ancora fidelizzati del tutto o quelli che arrivano da sinistra hanno compreso la pericolosità di un governo nel quale potrebbe avere un peso determinante la destra più estrema? Che pensano  a riguardo  di difesa personale e porto d’armi, libertà religiosa, migranti ed accoglienza, interruzione di gravidanza, ecc? Vogliono tutti le ruspe a Palazzo Chigi?

I duri e puri pentastellati si rendono conto che i cosiddetti ‘due forni’ di Di Maio altro non sono che qualunquismo, che tradimento dello spirito originario del Movimento? Come si può pensare di allearsi indifferentemente o con Salvini o con Renzi? Tutto si può dire sull’uno o sull’altro, ma che siano tanto simili da poter essere interscambialbili non pare sensato.

Conclusione

I protagonisti di questo teatrino indecente non hanno paura di mentire quando parlano in tv. I giornalisti non denunciano un modo intollerabile di condurre le trattative per formare il nuovo governo, sempre più simile ad un mercato delle vacche. I cittadini non sono messi in condizione di comprendere come la caduta di stile e competenze dei ‘rinnovatori’ dovrebbe indurre a rimpiangere un passato forse condannato troppo in fretta.

Mala tempora currunt.

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