Difficile capire perchè il presidente americano abbia licenziato in tronco il capo del Bureau, James Comey. Di certo ha aperto una crisi dagli esiti imprevedibili.
Oggi i principali quotidiani italiani e le tv si cimentano con la notizia del siluramento del capo della principale agenzia di investigazioni criminali degli Stati Uniti.
Per cercare di capire cosa stia accadendo a Washington è necessario prima di tutto conoscere ‘i fatti di cronaca’.
Tutto è partito da una ‘relazione’ del Deputy Attorney General, il vice ministro della Giustizia, Rod Rosenstein.
Molta stampa americana definisce Rosenstein “little-known”, poco conosciuto, ma aggiunge che l’alto funzionario dell’amministrazione Trump “had a bipartisan reputation”, aveva una reputazione bipartisan.
Il vice ministro aveva sostenuto col suo capo che “Il modo in cui il Direttore (Casey, ndr) ha gestito la conclusione dell’indagine sulla posta elettronica (di Hillary Clinton, ndr) era sbagliato. Di conseguenza per l’FBI è improbabile poter riconquistare la fiducia pubblica e del Congresso finché non ha avrà un direttore che capisce la gravità degli errori e si impegni a non ripeterli mai. Dopo aver rifiutato di ammettere i propri sbagli non si può prevedere che il Direttore possa attuare le necessarie azioni correttive”.
Rosenstein, è importante ricordarlo, è anche responsabile della supervisione delle indagini che riguardano i rapporti tra l’amministrazione Trump e il governo russo.
Il vice ministro, proveniente dal Maryland, al momento della sua nomina nel governo era stato definito dal professore di Diritto alla Case Western Reserve University, Jonathan H. Adler, noto commentatore di affari legali, “uno che dovrebbe essere completamente esente da polemiche”, mentre Tricia Bishop, vice direttore del Baltimore Sun, in un editoriale dal titolo “Say no to Trump”, dire no a Trump, gli aveva scritto: “In generale sei considerato una persona onesta che ha sicuramente servito bene il Maryland […] Il cuore della questione è che in questa amministrazione il lavoro potrebbe portare acqua ad una catena di outsider che sembrano prendersi poca cura di mantenere intatta la reputazione del Paese o il Paese stesso. Vuoi veramente mettere in gioco la rispettabilità che hai conquistato fino ad ora collaborando con loro?”.
Insomma, un uomo poco noto e fino ad oggi considerato affidabile ha dato il via ad una delle decisioni più allarmanti della Casa Bianca.
Ricevuta la relazione di Rosenstein, l’Attorney General Jeff Sessions, il ministro della Giustizia, ha scritto a Trump: “Sulla base della mia valutazione e per le ragioni espresse dal mio Vice nell’allegato protocollo ho concluso che è necessario un nuovo avvio alla guida dell’FBI”.
Session quindi ha aggiunto che “il direttore dell’FBI deve essere qualcuno che segue fedelmente le regole e i principi del Ministero di Giustizia e che offre il giusto esempio ai nostri agenti ed al personale del Ministero. Pertanto, devo raccomandare di rimuovere il direttore James B. Comey, Jr. ed identificare una persona esperta e qualificata per condurre i grandi uomini e donne dell’FBI”.
A questo punto Trump ha mandato una lettera di licenziamento a Comey. Il presidente ha scritto al Direttore: “Pur apprezzando molto di essere stato informato, in tre diverse occasioni, di non essere sotto inchiesta (per le indagini sulle collusioni con la Russia, ndr), sono tuttavia d’accordo con il parere del Ministero di Giustizia secondo il quale non sei in grado di condurre efficacemente la direzione dell’Agenzia. È fondamentale che troviamo una nuova leadership per l’FBI che ripristini la fiducia dei cittadini nella fondamentale missione di applicazione della legge”.
Questi sono i fatti noti. L’avvio della procedura di licenziamento, quindi, sarebbe stata determinata dal comportamento di Comey quando quasi alla fine della campagna elettorale per la Casa Bianca aveva riaperto il caso ormai chiuso delle e-mail di Hillry Clinton e probabilmente provocato la sconfitta della candidata democratica. Indagine per altro finita in una bolla di sapone.
Tuttavia, tra le righe della vicenda Comey ci sono due elementi che fanno riflettere. Rosenstein è, come abbiamo visto, il vice ministro che segue il dossier sui rapporti tra l’entourage di Trump e la Russia ed il presidente nella sua missiva di licenziamento fa un accenno a quelle presunte indagini ringraziando l’ormai ex Direttore del Bureau per averlo tenuto al corrente sullo sviluppo dei fatti.
Alcuni columnist americani in queste ore sostengono “It’s genuinely rare to be able to say you’re living in a historic moment”, ovvero ‘è veramente raro poter dire che stai vivendo in un momento storico’ e ricordano il caso Watergate, Nixon ed il “Saturday Night Massacre”, il ‘massacro del sabato sera’.
Il 20 ottobre 1973, un sabato appunto, Nixon ormai messo alle corde dallo ‘special prosecutor’, il procuratore indipendente Archibald Cox, impose al ministro della Giustizia Richardson ed al suo vice William Ruckelshaus di dimettersi perchè si rifiutavano di cacciare Cox. Il presidente a quel punto nominò Robert Bork che eseguì l’ordine e defenestrò il procuratore indipendente. Questa mossa non salvò tuttavia Nixon, che fu comunque costretto a lasciare la Casa Bianca l’8 agosto dell’anno successivo.
E’ molto difficile dire se il siluramento di Comey sia l’inizio della fine di Trump, anzi la cosa appare molto difficile. Ma è evidente che il miliardario newyorkese ed i suoi ‘outsider’, per usare la definizione di Tricia Bishop, stanno scavando un fossato che li divide sempre di più dall’establishment tradizionale e trasversale di Washington. Gli interessi e gli affari dei ‘vecchi’ parlamentari repubblicani e democratici e delle lobby che li sostengono sono messi in difficoltà dalle decisioni spesso estemporanee di Trump e il potere americano ama al di sopra di qualunque ideologia la continuità.
I legami tra il presidente e gli oligarchi russi o, per essere precisi, i rapporti tra questi ultimi ed il suo entourage sono sicuramente sotto la lente di ingrandimento del Bureau.
Così, per quanto un po’ macchinoso, destituire il capo dell’Fbi partendo da un affaire che riguarda Clinton potrebbe essere un tentativo per almeno rallentare indagini dai risvolti pericolosissimi per la Casa Bianca senza destare sospetti evidenti.
Tuttavia, a dispetto di quanto si pensa in Europa, la politica americana è complessa e spietata e i cadaveri negli armadi di Trump, considerato il modo in cui per tutta la vita ha condotto i suoi affari, potrebbero essere molti. Come i suoi nemici.
Di certo ieri negli Usa è esplosa una nuova ‘Massive Ordnance Air Blast bomb’, la madre di tutte le bombe, forse la seconda sganciata da Trump nella sua ancor breve carriera di presidente.