Elezioni francesi e chiacchiere italiane

Impazza la frenesia analitica del Barnum dei commentatori. Ma nulla di quello che accadrà oltralpe è prevedibile, salvo l’elezione di Macron.

Col provincialismo che ormai distingue gli italiani, stamattina politici, analisti e frequentatori assidui dei bar dello sport pontificano sul profilo di Emmanuel Macron per prevedere il futuro o, peggio, per associarlo a qualche nostro esponente politico. O per trovare differenze.

Spiace dover dire a questi ‘appassionati’ osservatori del mondo che le loro fatiche sono del tutto inutili.

In Francia, a differenza dell’Italia, esistono ancora i partiti legati a pensieri politici e non risponde al vero che Macron abbia creato un suo partito personale. O, meglio, non è vero del tutto.

Macron sarà prossimo presidente della Repubblica (il Front républicain mai permetterebbe l’elezione di una fascista, Marine Le Pen, all’Eliseo), ma con caratteristiche del tutto nuove per la tradizione politica francese.

L’uomo prima di tutto. Non ha ancora 40 anni ed ha una formazione di élite: ha studiato all’Università di Parigi-Nanterre, si è specializzato all’Istituto di studi politici di Parigi ed ha frequentato la prestigiosa École nationale d’administration. Già questo lo distingue da qualunque nostro politico, sia di governo che di opposizione.

Il suo ‘scopritore’ è stato uno dei più stretti collaboratori di Mitterand, Jacques Attali, un poliedrico signore di origini ebraiche nato in Algeria.

Come il suo ‘padrino’ Macron è un ‘battitore libero’. Attali infatti, pur avendo una base culturale progressista (si legga il suo straordinario Rumori, saggio avveniristico scritto nel 1977 sull’economia politica della musica) ed essendo stato uno dei principali ispiratori della presidenza socialista di Mitterand, nel 2007 ha accettato di presiedere la “Commissione per la liberazione della crescita” varata dal presidente neo-gollista Nicolas Sarkozy.

In Francia da alcuni anni è in atto un profondo dibattito sulla riforma della Repubblica. I cittadini chiedono innovazione ed una parte dell’establishment politico-economico si rifiuta di mettere in atto un processo di trasformazione dello Stato. La crisi, poi, ha colpito duramente e negli anni Hollande non ha saputo in nessun modo reagire alle difficoltà, varando anche provvedimenti molto impopolari (oltre che inutili) come la ‘Loi Travail’, una legge sul lavoro che ha scatenato proteste violentissime.

Nello stesso tempo la società ed il mondo economico esprimono esempi molto vivaci di modernità, mentre le politiche di convivenza con i popoli di origine magrebina sono tutte fallite e le periferie delle grandi città sono diventate vere e proprie polveriere. Gli atti di terrorismo che infestano la Francia e che sembrano riconducibili a gesti di singoli radicalizzati e non ad organizzazioni islamiste specifiche infine dimostrano quanto sia profondo il malessere in alcune fasce di popolazione.

In Francia c’è ancora una destra neo fascista (Front National), una destra liberale (Les Republicains), i socialisti (PS) ed una sinistra ‘dura’ riunita in La France Insoumise (FI). Poi ci sono numerose altre formazioni tutte, comunque. legate e pensieri politici e mai ad ‘intuizioni personali’ come in Italia.

Di Macron si è detto che dopo la sua uscita dal governo socialista di Hollande, dove era ministro dell’economia, dell’industria e del digitale e con la fondazione di ‘ En Marche!’, è stato protagonista di una operazione ‘alla Berlusconi’.

In realtà il futuro presidente ha scelto di candidarsi all’Eliseo dopo la rinuncia di Hollande ed al momento non sembra in grado di mettere in campo un vero partito. Una cosa sono le elezioni presidenziali, altro è presentarsi in decine di comuni o nelle 13 macroregioni o ancor di più alle elezioni parlamentari. Insomma, Macron alla fine per governare avrà bisogno assoluto del sostegno di quei partiti che al momento sono stati puniti dall’elettorato a causa del loro immobilismo. E questo fatto, da solo, apre domande fondamentali che però al momento non hanno alcuna risposta. Con chi governerà, insomma, il nuovo presidente senza parlamentari?

Ancora: chi pensa che Macron sia ‘il potere delle banche all’Eliseo’ fa lo stesso errore che si è fatto considerando Hillary Clinton l’agente (non)segreto di Wall Steet alla Casa Bianca. Il vero ‘007’ era Trump come si vede con chiarezza in questi giorni.

La realtà è che in una fase di grandi sommovimenti e nella caduta secca della qualità dei politici (in tutto il mondo) sono possibili anche fenomeni ‘atipici’, non del tutto coincidenti coi parametri abituali.

L’esempio di Trump o l’avventura della Brexit nel Regno Unito dovrebbero essere per tutti motivo di riflessione. Le etichette sono fuorvianti… antisistema, populisti, contro l’Europa, democratici, europeisti…

In Francia per il momento sarebbe il caso di aspettare per capire come Macron ‘inventerà’ il suo futuro. Evitando, prima di tutto, di trovargli degli ‘omologhi’ italiani, Renzi per primo.

Anche perchè del prossimo quasi certo inquilino dell’Eliseo nessuno potrà dire che è un improvvisato. Mentre per il nostro ‘bullo di Rignano’ la laurea 109/110 in Giurisprudenza non dice nulla di buono.

 

Una risposta a “Elezioni francesi e chiacchiere italiane”

  1. interessantissimo .. grazie

Lascia un commento