Nel piccolo comune ligure un ragazzo di 16 anni si è lanciato dal balcone durante una perquisizione della Guardia di Finanza per possesso di un po’ di hashish. A chiamare gli investigatori la mamma.
La storia ha dell’incredibile. In numerosi Paesi del mondo e in vari modi la cannabis è legale. Da 23 stati americani all’Uruguay, dalla Spagna all’Olanda o al Portogallo coltivare o utilizzare droghe leggere è permesso o tollerato e persino nella dura Russia di Putin il possesso, il trasporto e la coltivazione di ‘erba’ non è reato. Ed anche nel Parlamento italiano è in discussione una legge sulla depenalizzazione.
Ma la madre di Lavagna, una mamma adottiva, vive in un altro mondo. Ha un figlio adolescente che fuma qualche spinello e lei va dalla Guardia di Finanza, lo denuncia e soddisfatta ottiene perfino la perquisizione della sua stessa abitazione per trovare ‘il corpo del reato’ posseduto dal giovanotto.
Durante l’operazione di polizia il sedicenne non ha retto alla tensione ed alla paura e si è buttato giù dal terzo piano uccidendosi. Esito: morto per meno di dieci grammi di hashish.
Impavida, la dissennata, durante i funerali ha insistito nella sua tesi pseudo educativa ed ha detto alle centinaia di persone accorse per salutare il ragazzo: “Vi vogliono far credere che fumare una canna è normale, che faticare a parlarsi è normale, che andare sempre oltre è normale – ed ha continuato – un pensiero particolare va alla Guardia di Finanza. Grazie per avere ascoltato un urlo di disperazione di una madre che non poteva accettare di vedere suo figlio perdersi ed ha provato con ogni mezzo di combattere la guerra contro la dipendenza prima che fosse troppo tardi”.
Infine in una possibile stato di allucinazione la donna ha concluso: “Le ultime parole sono per te, figlio mio. Perdonami per non essere stata capace di colmare quel vuoto che ti portavi dentro da lontano. Voglio immaginare che lassù ad accoglierti ci sia la tua prima mamma e come in una staffetta vi passiate il testimone affinché il tuo cuore possa essere colmato in un abbraccio che ti riempia per sempre il cuore. Fai buon viaggio piccolo mio”.
La donna di Lavagna ignora che non esiste alcuna dipendenza da cannabis e neppure si è resa conto di essere lei la responsabile del suicidio del ragazzo. Non sa che comprendere la complessità dell’adolescenza non prevede l’imposizione di schemi comportamentali a botte di denunce alle forze dell’ordine. Questa mamma inquisitrice neppure è sfiorata dal dubbio di essere lei che ‘fa fatica a parlare’ e di essere sempre lei ad essere ‘andata oltre’. Di essere una madre incapace di capire il tempo che cambia, le paure, i dubbi e le fantasie di ragazzi costretti a vivere in una società sempre più ostile.
Questa donna, esempio tragico di come non di deve essere genitori, durante il funerale è arrivata concedere al giovanissimo suicida solo “le ultime parole” e per augurargli di incontrare “la tua prima mamma” e per fare “buon viaggio”. Non una traccia di pentimento, non un sussulto di lucidità.
Ci si sarebbe aspettati da giornali, giornaloni e tv durissimi commenti nei confronti di una persona che mostra una cultura neppure reazionaria, forse indefinibile. Invece nulla, nessuna analisi critica su una donna sopraffatta da un delirio narcisista così profondo da impedirle di accorgersi di essere una delle cause del suicidio del figlio. E non si dimentichi, del figlio adottivo.
Nelle cronache, poi, non un ‘giornalista’ che si sia chiesto se una perquisizione domiciliare per 10 grammi di cannabis e svolta ‘a fini educativi’ sia tollerabile in un Paese civile.
A questo riguardo preoccupano anche le parole del comandante provinciale della Guardia di Finanza, Renzo Nisi. L’alto ufficiale ha detto: “E’ stata la mamma del ragazzo a rivolgersi a noi, quella stessa mattina venendo in caserma, perché non sapeva più cosa fare. Aveva provato tante volte a cercare di convincerlo a smettere, ma non sapeva più come fare”.
“Quella di questo ragazzo – ha proseguito il comandante – è una famiglia da ammirare perché non ha fatto finta di nulla, perché ha avuto il coraggio di non nascondersi dietro a un problema. Un problema che c’era, anche banale, ma c’era. La mamma si è data da fare in tutti i modi e alla fine si è rivolta a noi”.
Insomma, secondo Nisi una donna che non “sa più cosa fare” nei confronti di un adolescente che fuma qualche spinello (si ripete, cosa legale in molti Paesi del mondo) è “da ammirare” quando si rivolge agli inquirenti, anche se il problema “era banale”. E la GdF si impegna a perquisire una abitazione alla presenza di un ragazzo di sedici anni senza pensare all’impatto psicologico che un’azione di quel genere può indurre su un adolescente. E tutto per 10 grammi di hashish.
Davvero ad osservarlo questo Paese fa paura. E come sempre i media con le loro cronache mediocri sono corresponsabili di un declino ogni giorno più violento.
Ho letto velocemente l’articolo e dopo lo rileggero.
Condivido ogni riga comunque.
Il funerale è stato uno spettacolo di ipocrisia e stupidità disgustosi.
Enrico
Il problema non è l’hashish . Non ci si suicida ler una perquisizione. Ogni psichiatra sa che per arrivare a questo punto c’è un terreno di depressione e malessere. E a quell’età sta in famiglia. Io come madre mi sarei chiesta dove ho.sbagliato. Non voglio essere cattiva ma probabilmente quel bambino adottato non lo sentiva completamente suo. Non si può dare la colpa al fallimento del proprio ruolo genitoriale all’adozione. Un bel mea culpa l’avrebbe sollevata da ogni dubbio.