Il presidente del Consiglio non ha perso solo il referendum. Ma ha anche sbagliato target e per questo non c’è più rimedio.
Renzi, se la definizione del voto si fermasse qui, al referendum, è un leader finito. Non solo per la linea politica evidentemente non in grado di convincere l’elettorato, ma soprattutto per la fisionomia standard dei suoi sostenitori e per gli errori colossali di comunicazione compiuti.
Il Pd si è presentato solo contro tutti domenica scorsa. Verdini ed Alfano, gli unici alleati, non hanno alcun peso elettorale. Il ‘Capo’ voleva un plebiscito, il riconoscimento della sua ‘maestà’. Ha intascato una sconfitta brutale.
Ad urne chiuse l’analisi del voto per età mostra un elemento devastante per il ‘ragazzone di Rignano’ e per il suo partito: solo nella fascia di età +65 il SI ha prevalso, mentre in quella 19-29 il NO ha toccato addirittura il 61 per cento.
Il ‘più giovane premier della Repubblica’, il ‘rottamatore’, l’uomo della ‘velocità’ e del ‘futuro’, il politico delle dirette su Facebook e dai Tweet a raffica non convince proprio i giovani, i soggetti che dovrebbero essere alla base della sua strategia. Non solo. Renzi non ha neppure il voto di precari, disoccupati e cittadini del Sud Italia, che per un partito che si definisce di sinistra è un bel problema.
Ma come mai è successo questo putiferio?
Un bravo comunicatore deve avere tre capacità di fondo: essere empatico, saper ascoltare, apparire sincero. Spesso si pensa che gli affabulatori siano i migliori comunicatori, ma non è vero. Il ‘pubblico’ bada solo un po’ alle ‘parole’, ma la maggior parte dell’attenzione è concentrata sulla comunicazione extraverbale. Il corpo, le espressioni del viso, il tono della voce, i movimenti delle mani, il modo di vestire, la capacità di saper accogliere in sé l’ascoltatore. Conta, insomma, ‘chi si è’ (o chi si fa finta di essere, ahinoi) e non tanto ‘quello che si afferma’.
Dalla Liberazione ad oggi mai un presidente del Consiglio (neppure Berlusconi) aveva bloccato il Paese ed impegnato tante risorse e per tanto tempo in una campagna elettorale. Elicotteri a sbafo, aerei a iosa, invasione delle tv e delle radio, assalto ai social network, letterine a domicilio… e tutto questo per mesi, per almeno quattro mesi.
La Ridondanza, questa sconosciuta.
Il significato della parola in comunicazione ha un senso chiaro, da Treccani: “Nella teoria della comunicazione, eccesso, in un messaggio, di elementi significativi e di informazioni rispetto allo stretto necessario per la corretta comprensione e la ricezione del messaggio stesso […] In linguistica, mancanza di contenuto informativo specifico in uno o più elementi di un testo orale o scritto, per cui quegli elementi risultano superflui (o ridondanti). Nella critica letteraria, presenza, in un testo, di elementi stilisticamente ricercati che risultano esclusivamente formali ed esornativi”.
In Italia la gran parte dei comunicatori in attività non studia o studia poco. Il ricorso, per esempio, all’uso massivo di parole straniere o di forme gergali importate dall’estero dimostrano quanto poco i presunti professionisti della comunicazione siano abituati all’analisi. Se, infatti, il nostro Paese si distingue per una bassa propensione alla conoscenza delle lingue, appare stravagante usare vocaboli in inglese per definire processi in atto, situazioni, eventi. Perchè mai Renzi ha scelto ‘Jobs Act’ per indicare la sua strategia per un ‘Lavoro Sicuro’? Perchè si è parlato di ‘Slides’ a proposito dei ‘Cartelli’ durante le conferenze stampa? E perchè Renzi, copiando i telefilm americani, ‘batte il cinque’ invece di ‘stringere la mano’?
Di più. Il comunicatore deve essere empatico, ovvero saper percepire i sentimenti e soprattutto le pulsioni dell’interlocutore. Si può anche essere perentori, appassionati, sopra le righe, ma sempre bisogna aprire le porte dell’anima a chi ascolta. Così i movimenti del viso, gli sguardi, l’agitarsi delle mani, la posizione delle spalle, del collo, delle gambe daranno una idea istintiva di accoglienza. Le parole servono a poco, ma debbono essere coincidenti con la realtà. Se si vuole invitare qualcuno a cena in un ristorante nel quale si mangia male, ma si sta molto comodi e tranquilli, non si dovrà mai dire “non hai idea di come sia buona lì l’amatriciana”. Alla prima forchettata il poveretto scoprirà tutto e perderà fiducia. Molto meglio confessare “guarda, te lo dico subito, il menù non è proprio esaltante, ma oggi è sabato, tutti i locali sono pieni, però lì c’è un bel giardinetto e soprattutto c’è calma per chiacchierare in pace”.
Renzi da mesi e mesi racconta balle. La ripresa, l’economia in crescita, le trasformazioni epocali indotte dal suo governo. L’insopportabile “noi per la prima volta” ripetuto senza tregua da lui e dai suoi caporali a cittadini in gran parte stanchi, atterriti dalla crisi, tartassati dalle tasse, alle prese con una serie sempre crescente di aggressioni indotte da una burocrazia cannibale.
Di fronte alle critiche il presidente del Consiglio è stato sempre censorio, dall’ultima definizione di ‘accozzaglia’ rivolta ai suoi oppositori, al definirsi ‘rottamatore’, al gridare dalla super poltrona di Palazzo Chigi di essere contro la ‘casta’, un controsenso assoluto.
Insomma, le tre condizioni Renzi non le ha mai rispettate, ma peggio i suoi consulenti lo hanno spinto ancor di più verso il burrone.
E’ facile, vero, analizzare gli errori degli altri a partita finita. Durante il gioco in molti hanno sbagliato le valutazioni, compreso chi scrive. Ma c’è un motivo. Ogni azione comunicativa viene testata, sottoposta a gruppi di studio (focus group), giudicata da sondaggi. Chi mai poteva immaginare che il bombardamento mediatico messo in piedi dal premier fosse diventato palesemente ridondante, non raggiungesse gli interlocutori voluti (target) e fosse percepito così ‘falso’ da indurre una sconfitta di quelle proporzioni? E soprattutto, come si può immaginare che un ‘Capo’ assuma degli strapagati consulenti totalmente improvvidi?
Oggi sappiamo che la comunicazione di Renzi è stata un flop spaziale in rete, perchè i maggiori fruitori di internet, i giovani, gli hanno votato contro. Anche sappiamo che le misure governative presentate come ‘Grandi Riforme’ hanno convinto poco o nulla, perchè pure nelle fasce di età 30-64 anni la maggioranza dei voti è stata per il NO. Insomma, ‘l’Invincibile Armada’ messa in campo dagli specialisti renziani è costata una tombola ed ha prodotto una Waterloo.
Per concludere: perchè Renzi è un leader finito? Dovrebbe essere l’esperienza di vita a farlo capire più di ogni altra cosa. Cosa accade quando si scopre che uno di cui ci si fida mente? Lo si può perdonare, ma non si dimentica più la bugia. Il ‘rottamatore’ era arrivato per ‘cambiare tutto’ ed alla fine il mondo ha ‘rottamato lui’. La ferita potrà rimarginarsi, ma il target di riferimento, ovvero le persone indispensabili per realizzare la sua strategia lo hanno abbandonato e potranno tornare, ma senza fidarsi più. Mai negare le tre regole, ecco il segreto.
Domani vedremo gli errori del NO, tanti, per chi vuol discuterne.